L’appello: l’ultimo libro di Alessandro D’Avenia


Dopo il genitore, l’insegnante è il ruolo pedagogico più importante per i giovani. Lo sa bene Alessandro D’Avenia che questa professione, o meglio missione, la conosce in prima persona e ne scrive per tutte le altre. Tra romanzi e saggi, L’appello è la sua sesta opera letteraria in dieci anni.
Il romanzo esce nel novembre del 2020 e registra subito l’ennesimo successo editoriale. Resta infatti cima alle classifiche fino a Natale, quando diventa una delle strenne più ambite. Contesto, atmosfere e tematiche seguono la scia del primo best seller Bianca come il latte, rossa come il sangue (2010). L’appello è disponibile in copertina flessibile e anche in formato kindle.
Trama del libro L’appello
Omero Romeo è un professore di scienze a cui una malattia ha spento la luce degli occhi e la voglia di vivere. Tuttavia dopo anni di lontananza dalla cattedra, e dal mondo, ritorna a scuola. Assume l’incarico nella 5^ più difficile dell’istituto, 10 ragazzi e ragazze con famiglie disastrate.
Ad esempio c’è Elena, che nasconde un aborto, oppure Elisa che odia il suo corpo. Ci sono pure Cesare, un poeta rapper, Oscar, un pugile di strada e Achille, genio del pc ma analfabeta sociale.
Inoltre ecco Stella, che soffre per la morte del padre, Aurora irriducibile ottimista e Caterina la “salvamondo”. Per finire Ettore, arrabbiato cronico per il divorzio dei suoi e Mattia, un ribelle sedotto dalle droghe. Dopo le prime resistenze i ragazzi si affezionano al nuovo prof, e lui a loro.
Omero non li vede però sa ascoltarli. Senza vista, guarda dentro e oltre, al di là di apparenze e pregiudizi. Reinventa l’appello, lo trasforma in un momento di crescita, quasi una terapia di gruppo. Tutti i giorni al canonico “presente” ogni alunno racconta qualcosa di sé, bello o brutto.
L’idea si diffonde e incontra l’interesse degli altri studenti. Tuttavia si scontra con l’ostilità degli altri insegnanti, del preside e di molti genitori. Diventa un caso nazionale e arriva all’orecchio del Ministro dell’Istruzione. Però i tempi forse non sono abbastanza maturi per una simile rivoluzione. Infatti Omero subisce un sospensione e la sua classe rischia la maturità.
Lontano dagli occhi, e solo da quelli
“Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, non esiste affermazione più sbagliata. Questo almeno stando all’ultimo libro di Alessandro D’Avenia. Infatti nel romanzo L’appello, il protagonista Omero Romeo, è un professore cieco che ha più spirito di osservazione di qualunque vedente.
Nome e cognome sono anagrammi l’uno dell’altro. Tuttavia proprio per il personaggio, il modo in cui qualcuno si chiama è tutt’altro che un gioco. Si tratta di un’affermazione di identità. Inoltre c’è una sorta di rimando al poeta di Iliade e Odissea, secondo la leggenda anche lui privo della vista.
Nonostante ciò stavolta il destino non sta nel nome, non del tutto comunque. L’Omero dei giorni nostri infatti sceglie il suo, a dispetto della sopraggiunta invalidità. Perde uno dei sensi principali però non quello dell’umorismo e del dovere. Per lui insegnare è un onore, una responsabilità e una missione difficile ma stupenda. Trasforma una diversa sensorialità in una nuova sensibilità.
Nella trama L’appello è ricco di significati, metafore e sfaccettature simboliche. Tra i temi trattati ci sono le dinamiche sociali tra generazioni ma pure il rapporto tra chi maestro e discepolo. Questo in particolare è un legame dinamico, in cui al termine del percorso, tutti imparano qualcosa. I ragazzi della storia sono come ogni individuo. Vogliono solo essere capiti, accettati e amati.
Desiderano raccontare qualcosa e contare per qualcuno. In fondo, la differenza tra esistere e vivere, è partecipare davvero e non urlare soltanto “presente” quando arriva il proprio turno.
L’appello: opinioni dei lettori
Cosa identifica il successo di un libro? Conta più quanto vende o quanto piace? Dal punto di vista delle copie, i numeri non mentono, L’appello è tra i titoli top assoluti 2020-2021. Se però parliamo di vero e proprio gradimento, le stesse cifre si dividono almeno a metà. Da una parte infatti c’è chi pensa che D’Avenia debba appendere il “cancellino” al chiodo. In sostanza è ora che volti pagina e sperimenti altri argomenti, perché sul mondo della scuola non ha più altro da raccontare. Resta solo una scrittura autocelebrativa, di ostentata cultura e per di più parecchio fuori dalla realtà.
L’autore mescola filosofia spicciola, nozioni di altre discipline e buonismo. Il risultato appare troppo costruito e poco naturale. Dall’altra parte c’è chi invece descrive L’appello come la conferma di un talento che non delude mai. I fan del romanzo vanno pure oltre. Secondo loro il vero significato del testo è quello allegorico ed evocativo. La teatralità di alcune situazioni e dialoghi non sono quindi la rappresentazione di ciò che è ma di quello che dovrebbe essere.
Inoltre l’approccio olistico del professore “tuttologo” è una sorta di suggerimento tra le righe. In pratica, l’esperienza di un individuo non scorre a compartimenti stagni. Si tratta di un processo di apprendimento e di crescita continua durante il quale tutto torna utile e ogni cosa è collegata. Che succede a fermarsi ad un solo campo di conoscenza o escluderne uno a prescindere? È come usare solo uno dei propri sensi, o come Omero Romeo, perderlo, però deliberatamente.
Omero: il professore che ognuno vorrebbe avere o essere

La prima critica dei lettori delusi è più che altro una supplica. In estrema sintesi il mantra è “Alessandro torna con i piedi per terra”. La scuola descritta ne L’appello, non esiste e non esisterà mai. Lo stesso vale pure per i ragazzi di cui racconta, lontani da quelli di ieri e da quelli di oggi.
Si tratta infatti di giovani di estrazione popolare che snocciolano un lessico da docenti universitari. Inoltre è inverosimile che un adolescente si apra così, davanti a tutti, e solo al grazie al carisma di un professore. Quest’ultimo è nient’altro che l’alter ego iper pompato dello stesso autore.
“Nessuno tocchi D’Avenia” rispondono i lettori da quest’altra parte. Questo libro è per i ragazzi ma consigliato agli stessi insegnanti. È ricco di spunti su come e perché cambiare le cose. Si tratta di una immersione profonda in un oceano di emozioni e sentimenti. Ideale per “farsi occhi nuovi”.
Un libro ha la forma di un mattone, però stavolta abbatte il muro del conformismo. Tanti giovani meno fortunati o emarginati sanno e vogliono sorprendere. Hanno menti brillanti e pensieri interessanti. Rappresentarli come parodie rozze e ignoranti, questo si sarebbe irrealistico, oltre che offensivo. Omero, o chi c’è dietro di lui, è il professore che ognuno vorrebbe avere o essere.
L’attimo…pungente
Ecco un’altra versione di un piatto chiamato “L’attimo fuggente”, con contorno di “Io speriamo che me la cavo”. A grandi linee questo è il pensiero di molti ex ammiratori dell’autore. Ognuno dei 10 ragazzi de L’appello è uno stereotipo macchiettistico. Inoltre il copione è pieno luoghi comuni. Per una scuola nuova non bastano buone intenzioni e fuffa, ma risorse e competenze. L’idea è interessante ma si sviluppa in maniera debole e superficiale. La prosa è noiosa e pesante. Per finire, in tanti si chiedoo: dove è il D’Avenia di Bianca come il latte, rossa come il sangue?
L’originalità editoriale, dopo quasi un secolo e mezzo di cinema e circa mille anni di letteratura italiana è impossibile. In pratica tutto ha il sapore del déjà vu. Tuttavia chi “salva” L’appello, ne sottolinea pure la particolarità. Si parla infatti spesso di Bisogni Educativi Speciali (BES). Però in fondo tutti i giovani li hanno. I ragazzi sanno essere migliori di ciò che si pensa. Banalizzarli è comodo, perché educarli e sostenerli forse è troppo impegnativo. Che ne dici di questa nuotata tra le parole? Se sei pronto per un’altra vasca, buona lettura.