La ragazza della neve: recensione libro di Pam Jenoff


Se credi che sia stato già detto tutto sull’Olocausto, questo libro di farà cambiare idea. La ragazza della neve di Pam Jenoff è una rivisitazione originale e intensa di uno dei periodi più cupi della storia. È il decimo romanzo dell’autrice originaria del Maryland, ma sicuramente il suo lavoro più famoso.
Pubblicato nel 2017, è l’opera di mezzo tra Le ragazze di Parigi (2019) e L’ultima estate a Chelsea Beach (2015). A 4 anni dalla prima uscita è ancora nella top 20 tra i best seller sullo store IBS. Su Amzon resta il più venduto in assoluto tra i titoli di narrativa storica.
Negli store Mondadori e Feltrinelli è ormai praticamente esaurito. Lo si può trovare nelle versioni kindle e copertina flessibile.
Trama La ragazza della neve
Presente, Parigi, Museo di belle arti Petit Palais, un’ anziana visita la mostra “Duecento anni di magia del circo”. Tra i vari cimeli ed oggetti di scena ci sono foto, e un manifesto. È ritratta una ragazza in posa sul trapezio.
In lei la donna rammenta un passato trascorso in quel mondo quando era molto più giovane. Scorge una delle roulotte utilizzate all’epoca come appartamenti. Ci entra, i ricordi la sommergono, e il racconto fa un balzo all’indietro.
Germania 1940, Noa è una ragazza di campagna che ha tutta l’ingenuità dei suoi 16 anni. Porta in grembo il figlio di un soldato nazista. Per questo è stata ripudiata dai suoi genitori. Partorisce in un ritrovo per ragazze madri. Il suo piccolo però gli viene strappato perché nato con tratti “non ariani”.
Sola e senza soldi, trova lavoro come inserviente in una stazione ferroviaria. Un giorno attraversando i binari viene attirata da un pianto. Si avvicina e scorge un vagone pieno di bambini destinati ai campi di concentramento.
Lo stesso destino che le ha tolto così tanto sembra volerle restituire qualcosa. Senza pensarci afferra un neonato e scappa via nella notte. Dopo tanto cammino nei boschi, quasi allo stremo, si imbatte in un circo itinerante.
Il capo, Herr Neuhoff, li accoglie sospettoso. Nota però il suo fisico esile e la sua giovane età. Accetta di darle rifugio a patto che ricambi imparando ad andare sul trapezio. Ad addestrare “la ragazza della neve” sarà la dura e inflessibile Astrid.
Lei e Noa sembrano molto diverse, ma hanno più cose in comune di quanto possano immaginare. Anche Astrid è stata rinnegata dal marito tedesco perché ebrea. Dovranno superare divergenze e rivalità. Capiranno di potersi e doversi fidare l’una dell’altra per sopravvivere, dentro e fuori dal palcoscenico.
L’allegoria del circo e la formula narrativa
La scrittrice statunitense ha dato vita ad una folta schiera di intensi personaggi femminili. La ragazza della neve parla del legame della sorellanza oltre quello di sangue. È un trattato sul coraggio e sul dolore del cambiamento.
Il racconto è diviso in capitoli, senza numeri o veri titoli. Ogni parte ha il nome di una delle due protagoniste. Il loro punto di vista si alterna nel corso della storia in continui andirivieni nel tempo.
Il circo è quel mondo fatto di incanto e meraviglia per distrarre la gente dai veri problemi. Dà l’apparenza di un vero teatro, ma in fondo è un tendone retto da corde e picchetti. I nazisti incentivavano la continuità delle attività artistiche. Lo scopo era proprio per conservare una parvenza di normalità.
Allo stesso tempo però quell’ambiente così vario e bizzarro ha dato asilo a molte persone in fuga. Nel libro La ragazza della neve, il circo è inoltre metafora della volontà di andare avanti. Dietro i giochi, i costumi e la finzione ci sono vite reali che lottano per la propria esistenza. Purtroppo si sa “lo spettacolo deve continuare”.
L’opinione dei lettori
La ragazza della neve “è stato amato anche da quelli a cui non è piaciuto”. Il suo stile semplice e scorrevole risulta piacevole ed avvincente. Molto apprezzata è l’accuratezza con cui è stato descritto il mondo circense. Pam Jenoff si ispira a fatti realmente accaduti e a persone vissute davvero.
L’architettura della storia ricorda un po’ Salvate il soldato Ryan o Le pagine della nostra vita. Questa similitudine non si traduce in un difetto. Risulta anzi buon modo di sfruttare una tecnica narrativa sempre efficace.
La due voci de La ragazza della neve

Alcuni sottolineano che la doppia narrazione non funziona. La scrittrice non riesce davvero a scindere le personalità delle protagoniste. I capitoli sembrano raccontati sempre dalla stessa persona. Le voci di Astrid e Noa finiscono così per confondersi.
Al contrario c’è chi apprezza molto questo espediente letterario. Il prologo del libro La ragazza della neve suggerisce ai lettori che solo una delle due donne potrebbe arrivare alla fine. L’alternanza del racconto accresce la tensione e lascia costantemente nel dubbio. Ce la faranno entrambe? Chi sarà destinata a vivere nei ricordi dell’altra?
Madre mancata e mamma per scelta
La gravidanza di Noa pare un elemento superfluo nello sviluppo della trama. Anche senza quella triste parentesi, avrebbe potuto trovare altri pretesti per fuggire e unirsi al circo. Sembra quindi solo uno stratagemma per strappare qualche lacrima in più.
Altri lettori invece giudicano questo risvolto necessario e appassionante. Costretta a lasciare un bambino che non ha deciso di avere, Noa è divenuta poi madre di quello che ha scelto di salvare. Questo evento l’ha resa ciò che è, e le permetterà di essere quello che dovrà diventare.
Ma come sono i personaggi?
Cominciamo da quelli principali, Noa e Astrid, che sono poco empatiche e troppo a lungo “nemiche”. Le loro personalità sono insipide, e non servono i dettagli drammatici per caratterizzarle meglio. I personaggi secondari sono appena abbozzati e non hanno vera introspezione.
Argomenti e situazioni storiche che fanno da sfondo, mancano di approfondimento. La ragazza della neve in fin dei conti è povero di contenuti. Scema verso la fine in costante calo di patos.
Parte del pubblico la pensa molto diversamente. Ogni attore e attrice incarna forza e resilienza. Dalla grande tragedia alle singole quotidianità, la storia comunica e trasmette emozioni. Il libro di Pam Jenoff è una testimonianza unica a cui partecipare con trasporto.
Questo libro è praticamente come “una carezza in un pugno…nello stomaco”. Si fa fatica a lasciarlo dopo averlo cominciato. I suoi personaggi, da sconosciuti, diventano amici affezionati. Stupenda è l’alchimia tra Astrid e Noa. Le differenze iniziali diventano man mano parti mancanti con cui l’una completa l’altra.
Arriviamo al dunque

Il finale de La ragazza di neve a molti non piace affatto. La storia si dilunga troppo in passaggi inutili e prolissi. Quando si arriva alla conclusione, tutto diventa affrettato, con un susseguirsi di troppi accadimenti.
Alcune parti somigliano ad una fiction di serie B. I dialoghi, fatti di botta e risposta, sono assurdi e irreali. È difficile seguire il filo del discorso tra noia e colpi di scena messi a casaccio.
Per qualcun altro l’epilogo è davvero mozzafiato, sospeso proprio come sul filo di un trapezio. Fino all’ultimo si spera, si prega, per poi piegarsi all’inevitabile. Tutto quello che succede, ogni parola, trasuda emozione pura.
In ogni pagina si sente la pesante atmosfera fatta di rabbia, tristezza e paura. Il lieto fine “a metà” lascia un po’ l’amaro in bocca, ma proprio per questo è più realistico. Tutt’altro che edulcorato, in un contesto così drammatico, diventa soltanto accettabile.
La ragazza della neve: pieno di fantasia e ricco di verità
Per molti il romanzo di Pam Jenoff è solo l’ennesimo modo di speculare sulla tragedia dell’Olocausto. Uno sguardo più attento può scorgere i soliti noiosi schemi che si ripetono all’infinito. Inoltre il mondo del circo è troppo invadente rispetto al contesto generale e alle storie delle due protagoniste.
Tutti gli irriducibili fan dell’autrice, lo descrivono come “il libro che non ti aspetti”. Questo romanzo è sicuramente scritto per mezzo dell’immaginazione ma si regge solo grazie alla sua verità.
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