La felicità del lupo, trama e recensione


Paolo Cognetti torna in vetta, in tutti i sensi. C’è ad esempio quella del suo amato Monte Rosa, location de La felicità del lupo. Un’altra invece è quella delle classifiche editoriali. Il libro, uscito il 26 ottobre 2021, è infatti tra i titoli più venuti della stagione. A 5 anni dal bestseller Le otto montagne (Premio Strega 2017), l’autore riprende un discorso fatto di silenzi e suoni della natura. La sua ultima opera è disponibile in formato kindle, copertina rigida e flessibile.
Trama del libro La felicità del lupo
Fontana Fredda è una località della Valle d’Aosta a 3mila metri di quota. In tanti “finiscono qui per ricominciare”, allontanandosi da illusioni e delusioni della città. Le poche attività sopravvivono grazie a sciatori, alpinisti e boscaioli. Una di queste è il ristorante di Babette, pure lei ex esemplare metropolitano, venuta per caso e rimasta per amore. Proprio qui si conoscono Fausto e Silvia.
Il primo ha 40 anni, scrittore e marito fallito, rifugiatosi dove trascorreva le estati da bambino. L’altra ne ha 27, studentessa dal carattere curioso e dall’animo inquieto. Lui ora lavora ai fornelli e lei serve ai tavoli. Però la sera quando il turno finisce si ritrovano in un letto a darsi un po’ di calore e dirsi qualche verità. Nei luoghi legati ai ricordi di una vita più facile, Fausto è a caccia di pace.
Ne trova qualche pezzo, e immagina che la sua sia come la felicità del lupo, tornato anche lui in quei boschi dopo anni di assenza. La sorpresa non è però solo la sua nuova giovane passione. C’è pure l’amicizia stretta con il vecchio Santorso, che parla a bassa voce e alza troppo il gomito. Tuttavia cade nella solita trappola, pensando che la serenità si trovi sempre da qualche altra parte.
Lascia Silvia e la montagna per l’esistenza di prima. Il pensiero della ragazza è però più forte di quanto immaginasse, e così il suo sentimento. Forse si trovava già nel luogo tanto cercato? E se in fondo non esistesse davvero là fuori, ma fosse semplicemente trovare posto l’uno dentro l’altra?
Se il lettore non va alla montagna…
Ne La felicità del lupo di Paolo Cognetti c’è molto di più che una storia. Il libro infatti racconta pure il legame dello scrittore con la montagna. Nelle citazioni, negli espliciti omaggi e nei dialoghi c’è inoltre molto del suo background letterario. Evidenti ma discrete sono infatti le impronte di Karen Blixen, Jack London, Cormac McCarthy e Raymond Carver. Nel suo talento descrittivo traspare addirittura l’intensità, lo stupore e il rispetto per la natura di Katsushika Hokusai. Quest’ultimo è l’artista giapponese famoso per la serie di stampe intitolate “Trentasei vedute del Monte Fuji”.
L’autore milanese trasporta il lettore, o meglio, “porta direttamente da esso” valli, sentieri e cime. In un romanzo i personaggi principali occupano più spazio e tempo di tutti gli altri. Allo stesso modo ne La felicità del lupo, la vera protagonista è la montagna. Tutti gli altri, a prescindere la ruoli e parti sono infondo marginali. Quindi non importa quanto si agitino o quale sia il loro traguardo. Infondo non c’è bisogno di andare tanto lontano, ma solo più in profondità.
Opinioni su La felicità del lupo

Dall’esordio nel 2003 al 2015, la produzione letteraria di Cognetti è molto valida, però nulla di sbalorditivo. Nel 2016 arriva Le otto montagne, e con esso pure la popolarità. Tuttavia, dopo un libro di successo, spesso ce ne è uno di “transizione”, come sembra l’ultima opera dell’autore.
Atmosfere e ambientazioni sono infatti le stesse, tuttavia nella trama La felicità del lupo ha dinamiche diverse, però troppo poco. Quelli per cui non è valsa la pena aspettare 5 anni, sembrano dire: ok Paolo, ti piace la montagna, ma bastava un tweet invece di 150 pagine.
Per questi lettori, il suo lavoro assomiglia più ad una brochure turistica che a un vero romanzo. Il dettaglio curioso è che su uno dei principali bookstore, il racconto stia in categoria “geografia” insieme agli alanti delle De Agostini! Ecco che però replicano gli altri che non la pensano così.
La loro opinione è che La felicità del lupo sia un testo sull’osservazione dell’esterno e dell’interiorità. I paesaggi restituiti con le parole hanno valore allegorico. Le vite degli individui infondo sono attimi brevi e insignificanti per i cicli della natura. Tuttavia proprio per questo conta rendere intenso e importante il tempo concesso agli uni per stare con gli altri.
La ricerca della…gravità
Ne La felicità del lupo ci sono tanta cose, tranne una vera storia. I “poco convinti, su questo non hanno dubbi”. Si tratta in pratica di un racconto che porta in nessun posto. Lascia in sostanza un fastidioso senso di incompiuto e di sospeso. Non conta quanto siano meticolose le descrizioni. Al lettore sembra sempre di guardare tutto da una grande distanza. Ci sono tutte le parole giuste però mancano le emozioni. Perfino chi lo scrive non sembra crederci davvero fino in fondo.
Per qualcun altro l’unica incertezza è se applaudire o addirittura fare la Ola! Questi ad ogni pagina riconoscono un colore diverso della montagna. La sua grandezza e solidità rappresentano la metafora della vera ricerca. Non si tratta banalmente di trovare la felicità, ma piuttosto la “gravità”. Un po’ come cantava il maestro Battiato, l’obiettivo è una dimensione così stabile da restare illesi pure se e quando si cade. E tu che ne pensi de La felicità del lupo? Lasciaci un ululat…pardon, un commento.