La donna di ghiaccio: il grande best seller

Il primo amore non si scorda mai, lo stesso vale per il primo libro. La donna di ghiaccio ha un valore speciale perché rappresenta un doppio esordio. Non è solo quello di Robert Bryndza come scrittore di romanzi gialli, ma anche il debutto della sua eroina prediletta Erika Foster.
La capace e tenace investigatrice dà il via ad una fortunata serie che la vedrà protagonista in altri tre racconti. Dello stesso ciclo fanno parte: La vittima perfetta, La ragazza nell’acqua e Ultimo respiro.
L’autore sembra avere un particolare debole per i paladini al femminile. Infatti nel 2019 con I cinque cadaveri, ha inaugurato una nuova collana di libri thriller incentrata sul personaggio di Kate Marshall.
La donna di ghiaccio è arrivato in Italia a maggio 2017 e si è subito imposto all’attenzione del pubblico. Sfiorando i 2 milioni di copie il best-seller è diventano un “must have” tra i top gialli da ombrellone. Il volume è disponibile in formato Kindle, con copertina rigida e flessibile.
Similitudini e ispirazioni del libro thriller rivelazione
La vecchia Londra è sempre una location suggestiva, specie come ambientazione di romanzi gialli. Basta pensare alle storie sul mitico Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle. A parte questa generica ispirazione, La donna di ghiaccio presenta alcune similitudini con altri titoli contemporanei.
Il primo è sicuramente La Detective miope di Rosa Ribas. Ancor più somigliante è il libro thriller Aurora nel buio di Barbara Baraldi. Infatti in entrambi i racconti le protagoniste sono investigatrici a caccia di un serial killer e hanno perso i mariti in tragiche circostanze.
Trama de La donna di ghiaccio

Andrea è giovane, bella, ricca e piena di vita, qualcuno però ha voluto togliergliela. Il suo corpo viene ritrovato congelato in uno specchio d’acqua accanto all’Horniman Museum di Londra. La sua morte fa subito scalpore perché il padre è Lord Simon Douglas-Brown, potente membro del partito laburista.
Poco dopo un’altra donna viene uccisa nello stessa identica maniera. Si tratta di Ivy Norris, una prostituta. Il modus operandi rituale fa pensare ad un serial killer. Troppe coincidenze evidenziano dei collegamenti tra le due ragazze. Gli indizi suggeriscono che Andrea conducesse una vita segreta.
Le indagini, inizialmente guidate dal Sovrintendente Marsh, vengono poi affidate all’investigatrice Erika Foster. Impulsiva, testarda ma dal fiuto eccezionale, parte già svantaggiata in un’inchiesta che si prospetta tutt’altro che facile.
La sua popolarità nella polizia è ai minimi storici. In una fallita operazione da lei condotta, hanno perso la vita quattro agenti e suo marito Mark. Il rimorso e il dolore l’hanno cambiata e resa più fragile. Le uniche cose che la tengono in piedi sono la sua determinazione e il senso del dovere.
Come se non bastasse riesce a farsi altri nemici anche fuori dal dipartimento. I facoltosi e arroganti genitori di Andrea useranno tutta la loro influenza per mettergli i bastoni tra le ruote. Ad aggravare la situazione vi è poi l’inafferrabile killer, che sembra aver preso di mira anche lei.
Gli unici dalla sua parte sono i fidati partner Moss e Peterson, occupati non poco a proteggerla dalla sua voglia di verità. A dispetto di tutti gli ostacoli e i vicoli ciechi, Erika è decisa a non arrendersi.
Più scaverà più verranno alla luce particolari aberranti. Chi era davvero la donna di ghiaccio? Cosa vuole nascondere la sua ambigua famiglia? E soprattutto chi è l’ombra che sta seminando terrore in città?
Cosa pensano i lettori de La donna di ghiaccio

La donna di ghiaccio ha conquistato il consenso del pubblico grazie alla scrittura schietta e priva di fronzoli. Tuttavia l’originalità è forse l’ingrediente meno abbondante. In effetti la trama ripete un canovaccio più che collaudato dei libri gialli.
Dopo il ritrovamento di un cadavere inizia il lavoro della detective di turno. Viene immediatamente raccontato il suo vissuto tormentato. Contro di lei i soliti cliché come colleghi maschilisti, invidiosi e ostili. Per di più ci sono anche superiori scettici che pongono sempre limiti alla libertà di manovra delle indagini.
Non mancano le figure dei ricchi arroganti che pensano di controllare tutto con i soldi. Per finire il killer svilupperà una vera ossessione per la protagonista. Tutto è in puro stile Il silenzio degli Innocenti. Le componenti più nuove e intriganti sono racchiuse nell’incipit e nel finale.
Il primo cattura subito l’attenzione con l’efficacia descrittiva del corpo della vittima ritrovato nel ghiaccio. Il secondo è forse il vero fiore all’occhiello, assolutamente spiazzante. Queste due colonne reggono l’intera impalcatura. Il loro compito è anche distrarre dai piccoli errori di un autore poco allenato ai romanzi gialli.
L’elemento più insolito e affascinante è però la caratterizzazione del cattivo. Il killer è presente per tutta la storia. Non funge solo da antagonista ma è un vero e proprio co-protagonista. Viene svelato quasi tutto di lui, tranne l’insospettabile identità.
Il dettaglio chiave non trapela fino alle ultime pagine. In pratica è l’autore a decidere come e quando dare la soluzione dell’enigma. Da questo punto di vista Robert Bryndza ha centrato un obiettivo essenziale di qualunque libro giallo che si rispetti.
La nuova detective e il suo entourage

Tra i divoratori di romanzi gialli c’è chi non ha gradito l’entrata in scena di Erika Foster. La nuova detective non è abbastanza credibile. Il suo profilo somiglia a quello di eroine già viste.
Ciò che convince di meno è il suo atteggiamento. Lei si comporta in modo ostinato e irrazionale, a prescindere dai risultati. Dà l’idea di essere pilotata in una certa direzione, solo perché la trama lo impone.
Anche gli altri personaggi sono sembrati banali e stereotipati. Spesso sono presenti espressioni gergali marcatamente volgari. Questo espediente non sortisce gli effetti voluti.
L’intenzione era aggiungere sapore ad una storia insipida. Purtroppo l’obiettivo è fallito miseramente. I dialoghi avrebbero dovuto compensare la pochezza degli elementi principali.
All’opposto c’è chi ha accolto con molto entusiasmo l’ingresso del personaggio principale nella donna di ghiaccio. Si tratta di una donna fragile ma coraggiosa. Non è la classica dura e non teme di mostrare le proprie debolezze.
Anche se perseguitata dai suoi errori, è caparbia quanto basta per andare avanti a dispetto di tutto e tutti. Nel suo agire c’è sempre spazio per l’incertezza e per gli sbagli.
Il suo essere cocciuta non è una forzatura. È solo l’espressione del suo carattere e della sua personalità. Lei è consapevole di poter contare soltanto su sé stessa, quindi agisce di conseguenza.
Poco importa se l’umanità che le gira intorno sia composta da esemplari piuttosto standardizzati. In molti casi la finzione letteraria rispecchia la realtà. Ciò che penalizza un racconto è volersi discostare per forza da canoni di assoluta normalità.
Déjà vu o Déjà lu?

La donna di ghiaccio segue un tipico copione. Questo dà una sensazione di deja-vu, anzi di deja-lu (già letto). Altre critiche sono rivolte ai troppi luoghi comuni e al ricorso di strumenti già sfruttati. Il risultato è sottrarre patos e intensità alla storia.
Appare assurdo il modo in cui la protagonista si salva nelle situazioni più improbabili. In questo modo i romanzi gialli si trasformano in cartoni animati.
Da un altro punto di vista l’opera di Robert Bryndza piace perché interessante e coinvolgente. La si potrebbe definire “divertente” sotto il profilo dello svago ricreativo.
Leggerla dona un senso di appagamento e di sana evasione. La trama è solida, equilibrata e credibile. La scrittura è tanto scorrevole da renderlo uno dei migliori libri thriller degli ultimi anni.
Quelle insopportabili e adorate descrizioni
Nei romanzi gialli, e non solo, le parti descrittive sono quelle più odiate da molti lettori. Troppe pagine incentrate su luoghi e stati d’animo appaiono inutile e lente.
Purtroppo anche La donna di ghiaccio non si salva da questa accusa. Dito puntato e pollice verso ai monologhi interiori del serial killer. Questi in particolare sono apparsi superflui, se non addirittura ridicoli.
Tanti altri lettori, pensano invece che le descrizioni siano indispensabili. Esse forniscono materiale all’immaginazione per rendere realistico uno scenario.
Ad esempio il libro di Bryndza è scritto in modo da far percepire la fredda e cupa atmosfera di Londra in gennaio. L’avventura densa e intensa, non cade mai nel banale.
Non tutti i thriller sono gialli, ma tutti i gialli sono thriller

Tra gli elementi fondamentali dei romanzi thriller ci sono le emozioni e la credibilità. La donna di ghiaccio ha centrato il primo obiettivo ma ha mancato il secondo.
Questo è il giudizio dei lettori che considerano il libro artificioso e povero di idee. La scrittura è piacevole ma ciò non basta a colmare le lacune e soprattutto non giustifica il successo riscosso.
Il volume pare una raccolta di idee scritte alla rinfusa che qualcun altro avrebbe dovuto ordinare e rendere coerenti. Il materiale di base potrebbe anche essere buono, ma necessita di una mano capace di migliorarlo.
Un’altra prospettiva è quella che esalta le componenti innovative del racconto. A differenza di altri romanzi gialli, quello di Bryndza non è incentrato solo sulle indagini.
La vicenda svela avvincenti retroscena di contesti come quello della prostituzione. Inoltre si parla della doppiezza e illusorietà dell’alta società. Tutto il libro è un viaggio nel sottobosco degli ambienti più insospettabili.
La differenza tra giallo e thriller è che nel secondo può mancare l’elemento poliziesco o l’azione. Ne La donna di ghiaccio c’è praticamente tutto, inchieste, suspense, dinamicità e colpi di scena. L’autore dissemina sapientemente indizi in piena vista per poi rimescolarli e depistare.
Ci sembra proprio di aver detto tutto e di averlo fatto anche abbastanza bene! Del resto ti sei mai trovato male con i libri thriller consigliati da noi? Dunque perché dubitarne stavolta? Corri a prendere La donna di ghiaccio e quando torni, lasciaci un commento.