Il mistero del London Eye: recensione


La vita editoriale de Il mistero del London Eye è piuttosto particolare. Uscito in Inghilterra nel 2007, dopo Le rose di Shell (2006), è in realtà il libro d’esordio di Siobhan Dowd. Rappresenta inoltre la più famosa e premiata tra le sue opere. Solo nel 2008 infatti, conquista ben 6 titoli internazionali:
- Book Links Lasting Connection Award
- School Library Journal Best Books of the Year Award
- Book Sense Children’s Pick List Award
- Kirkus Reviews Best Children’s Books Award
- Booklist Children’s Edutors’ Choice Award
- Horn Book Fanfare Award
In Italia arriva però nel 2012. Lo stesso anno si aggiudica il Premio Andersen come miglior libro per ragazzi over 12. Nel 2017 Robin Stevens, basandosi sul racconto della Dowd, scrive il seguito intitolato Il mistero del Guggenheim. Il mistero del London Eye è disponibile in formato audiolibro e con copertina flessibile.
Trama del libro Il mistero di London Eye
Gli Spark rappresentano la tipica famiglia della classe media londinese. Madre e padre sono rispettivamente infermiera e addetto alle demolizioni. Poi ci sono la figlia Kat e suo fratello Ted. Quest’ultimo è la “pecora grigia” del gruppo, intelligente ma differente dagli altri suoi coetanei.
Questo equilibrio ordinario e fragile si rompe un giorno con l’arrivo della zia Gloria e del figlio Salim. I due sono in procinto di trasferirsi a New York. Lei, dalla vita sempre caotica, è separata dal marito, un medico di origini mediorientali. La visita è inattesa quanto sgradita, visti i rapporti.
Nonostante ciò non si voltano le spalle ai parenti, specialmente quando si tratta di una sorella. Prima di ripartire, Salim desidera vedere la grande giostra nota anche come Millennium Wheel. Ted e Kat lo accompagnano. Mentre sono in coda un uomo rinuncia al suo biglietto e lo offre ai ragazzi. Loro per generosità lo cedono al cucino ospite, che sale felice sulla ruota panoramica.
Alla fine del giro di Salim non c’è più traccia. È panico a casa Spark. Si pensa ad un rapimento e i grandi chiamano la polizia. L’evento attira pure l’attenzione dei media. Sono giorni di stress e angoscia in cui vecchi nodi vengono al pettine. Ignorati dagli adulti, Ted e Kat seguono la loro pista.
Cercano infatti l’uomo del biglietto, e dopo molte peripezie lo trovano per parlargli. Scoprono verità insospettabili e grazie al modo di pensare “fuori dagli schemi” di Ted, svelano il mistero del London Eye.
Dimmi che sei autistico senza dirmi che lo sei

Dimmi che…senza dirmi che…è un popolare trend esploso sui social e divenuto diffuso meme sul web. Il mistero del London Eye in pratica replica lo stesso principio. Ted, il protagonista, è infatti un ragazzo “probabilmente” affetto dalla Sindrome di Asperger. Si tratta di una condizione che rientra nello spettro autistico. Tuttavia la questione è dibattuta e la diagnosi complessa.
Si manifesta con singolari modalità di interazione sociale e di comportamento. Non si traduce in un ritardo cognitivo, anzi spesso è il contrario. Pare infatti che la condividano personaggi di ieri e di oggi come: Steve Jobs, Albert Einstein, Michelangelo Buonarroti, Tim Burton e Greta Thunberg.
Siobhan Dowd ne parla senza però nominarla mai davvero. Il tutto si deduce dal modo di fare, di parlare e soprattutto di pensare del ragazzo. Lo stile narrativo è discreto ma efficace. Nella trama Il mistero del London Eye è chiaramente un poliziesco per ragazzi. Però l’intento è sensibilizzare coscienze giovani e anche mature, sulla diversità come espressione di infinite forme di normalità.
L’opinione dei lettori
Il mistero del London Eye è formalmente un testo per giovanissimi. Difficile però che un adolescente lasci una recensione. Tuttavia, anche se Siobhan Dowd parla ai ragazzi, il messaggio vale pure per gli adulti. Di questi infatti sono in tanti a inserirlo tra i propri libri gialli preferiti.
Invece una delle critiche più forti, e forse la più plausibile, è la somiglianza con Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon del 2003. Che il testo dell’autore britannico sia più o meno diretta ispirazione di quello della collega di origini irlandesi, è tutt’ora oggetto di dibattito.
Parlando però del volume in sé, questa volta tra le opinioni raccolte c’è pure una piccola curiosità. L’opera è infatti tra quelle suggerite a scuola dagli insegnanti, o regalata dai genitori ai propri figli. Il dettaglio interessante è che spesso si tratta di un’esperienza di fruizione condivisa.
In pratica i “grandi” leggono Il mistero del London Eye insieme ai “piccoli”. Si replica un po’ quell’atmosfera di quando le mamme e i papà leggevano favole e fiabe della buonanotte. Il pubblico però è cresciuto. Quindi si crea un contesto in cui c’è reciproco arricchimento e connessione tra le due generazioni. In sostanza, per la serie “bel lavoro cara Siobhan!”.
Il mistero del London Eye: “istruzione” per l’uso
Secondo alcuni lettori, pochi in realtà, Il mistero del London Eye appartiene a un genere apolide. In pratica non si inserisce tra i libri thriller ed è troppo semplicistico per un giallo. In molti passaggi è noioso e a circa metà libro “la tensione e l’attenzione” scemano del tutto. Inoltre la conclusione è affrettata e il finale prevedibile. Come se non bastasse ci sono parecchie fastidiose incoerenze.
Invece, per la maggior parte del pubblico, il libro di Siobhan Dowd ha sia un valore letterario che istruttivo. Dietro le storie di personaggi accattivanti ci sono spunti di riflessione utili ad individui in crescita ma pure a quelli già maturi. È un poliziesco semplice ma non banale, scorrevole e di buon ritmo. L’obiettivo della scrittrice, al di là dell’intrattenimento e del marketing, è promuovere un cambio di prospettiva per guardare oltre le apparenze e le differenze. Ora sappiamo cosa rende Il mistero del London Eye così speciale per tanti. Lo stesso vale per te? Diccelo in un commento.