I leoni di Sicilia: recensione primo volume


Un tempo il solo nome dei Florio suscitava ammirazione, invidia, rispetto e timore. I leoni di Sicilia racconta proprio di quell’epoca, smarrita ma mai perduta. Pubblicato a maggio del 2019, è tutt’ora il volume più venduto in Italia. Con oltre 700mila copie all’attivo, è in pratica “il libro da battere”. Il suo mescolare romanzo storico, rosa e biografia, lo rende perfetto sia sotto l’Albero che sotto l’ombrellone.
Due anni dopo esce il seguito: L’inverno dei leoni. Pure il secondo capitolo conclusivo riscuote un grande consenso. Certo il pubblico ama il genere delle saghe familiari. Ciò tuttavia non garantisce sempre e comunque il successo. Serve infatti una giusta combinazione tra storia interessante, personaggi carismatici e una “penna” che gli renda giustizia. Quest’ultima è quella di Stefania Auci.
I leoni di Sicilia è disponibile in diversi formati. C’è la versione kindle, quella con copertina rigida e flessibile. Per finire esiste pure l’audiolibro integrale e la trasposizione CD.
Trama del libro I leoni di Sicilia
È una notte del 1799 a Bagnara Calabra. Un terremoto butta giù dal letto praticamente tutta la città. La gente esce in strada spaventata, tra loro pure la famiglia Florio. Ci sono Paolo, la moglie Giuseppina, il figlio Vincenzo nato da poco, il fratello Ignazio e la nipote Vittoria rimasta orfana.
I genitori dei due uomini di casa morirono 16 anni prima a causa di un sisma come quello. Paolo interpreta l’evento come un segno del destino. Quel posto non fa più per loro. Andranno in Sicilia a costruire una vita migliore. Hanno poco o niente però possiedono una forte determinazione. Con i Borbone a governare il Regno di Napoli, Palermo è ricca di opportunità per chi le sa cogliere.
Mettono su un piccolo negozio di spezie. Con i primi soldi fanno degli astuti e coraggiosi investimenti immobiliari. Nel giro di poco tempo si espandono e danno inizio a un fiorente commercio. Paolo muore e Ignazio prende il controllo degli affari. Diventa inoltre tutore e guida del giovane Vincenzo. Dietro questa scalata inarrestabile ci sono però segreti e celati dolori.
Sua madre Giuseppina non si integrerà mai del tutto. Infatti rimpiangerà fino alla fine la sua terra d’origine. Per di più lei e Ignazio si amano da sempre. I due però resteranno fedeli ai rispettivi ruoli reprimendo i loro sentimenti. Infine, non basteranno mai i soldi e il prestigio conquistati.
Nel profondo, per palermitani e non “I leoni di Sicilia” resteranno degli stranieri arricchiti, dalle miserabili origini. Lo stesso ambizioso Vincenzo sperimenterà le discriminazioni e la chiusura mentale. La sua famiglia ha nel sangue la voglia di arrivare in alto ma pure il desiderio di riscossa. Tuttavia quest’ultimo non sarà mai placato del tutto. Le radici dei Florio peseranno come un peccato originale, dal quale essi cercheranno per sempre redenzione.
Il passato “del” prossimo
Davanti ad un fenomeno editoriale e commerciale, ci si interroga sempre su motivi e dinamiche. Il fascino delle potenti dinastie non tramonta mai, però non è tutto qui. La chiave è forse la suggestione del passato. Ciò che era ha qualcosa di nostalgico ma anche di rassicurante.
I bambini, ad esempio, adorano sentire le stesse favole ancora e ancora. Oltre alla bellezza della storia in sé, c’è pure un ché di tranquillizzante. Ogni volta infatti ne comprendono meglio il significato o ne scoprono di nuovi. Ne I leoni di Sicilia accade esattamente questo.
Inoltre è interessante il modo di rappresentare lo scorrere del tempo. I punti di riferimento infatti sono gli eventi e le cose ma pure le persone e i personaggi. Essi crescono e invecchiano, cambiano ed evolvono. Stefania Auci rende la storia accessibile e avvincente, a metà tra marketing e intento didattico.
I leoni di Sicilia o i “Gattopardi”?
Dopo capolavori come I Malavoglia o il Gattopardo, scrivere di saghe familiari e descrivere la Sicilia pareva un sacrilegio. Il libro della Auci però rompe quel lungo silenzio. In verità una delle critiche più insidiose è proprio la presunta ispirazione al famoso romanzo di Tomasi di Lampedusa.
Lì il Principe Fabrizio Salina descrive il cambio della guardia sociale tra nobiltà e borghesia. La frase in questione è: “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra“.
Oltre all’evidente citazione che dà il titolo al libro, pure ne I leoni di Sicilia si parla di un simile scontro di classe. I Florio sono in pratica i nuovi ricchi, mai accettati davvero dagli aristocratici di nascita.
L’opinione dei lettori

I leoni di Sicilia non è solo un best seller assoluto ma pure un’opera dalle mille facce. È indiscusso il suo legame con la terra che fa da ambientazione. Qualcuno, leggendolo durante una vacanza in questa regione, parla di immersione totale nei profumi e nelle tradizioni del posto. Altri, nelle sue pagine scorgono l’intreccio casuale tra il passato dei Florio e quello della propria stessa famiglia. In pratica il capolavoro dell’autrice di origine trapanese è “un must per 9 palermitani su 10”.
Grazie alle parole della Auci, perfino gli autoctoni guardano strade e case con occhi nuovi e più consapevoli. Non mancano certo i lettori più critici e anche quelli profondamente delusi. Si tratta in verità però di voci fuori dal coro. La maggior parte infatti racconta di un’esperienza letteraria indimenticabile. Perfino molti studiosi plaudono ad un lavoro certosino di ricostruzione storica.
I leoni di Sicilia: libro di storie e libro di storia
Alcuni lettori, “pochi ma cattivi”, definiscono I leoni di Sicilia: un harmony spacciato per epopea familiare. Il trucco in sostanza è usare eventi storici importanti come amplificatore delle vicende dei protagonisti. Questa diversa visione dei fatti ridimensiona molto il valore letterario del testo.
Ciò che accade inoltre manca di un filo conduttore. L’ascesa dei Florio sembra infatti frutto solo del caso e della fortuna. Lo stile artefatto nasconde male le troppe carenze e lacune strutturali. L’opera si riduce a un mix banale di cenni storici intervallati da liti coniugali degni di una soap.
Chi invece ancora ne parla con stupore, ha tutt’altra versione dei fatti. Per questi si tratta di un romanzo bellissimo e scorrevole da leggere tutto ad un fiato. È dunque una delle saghe familiari più belle di sempre. Rappresenta il libro che tanti aspettavano da anni, travolgente e ipnotico.
Le sue 400 pagine e più di scrittura densa e fitta, volano letteralmente in un attimo. I periodi corti e serrati rendono la fruizione facile e fluida. Non è solo piacevole come lettura di intrattenimento. È pure un ottimo punto di partenza per approcciarsi allo studio della storia e per approfondirla.
Tanti personaggi più uno “l’Italia del XVIII secolo”
Altri punti deboli? I delusi rispondono che i personaggi sono statici, stereotipati e senza spessore. Molti di essi, specie quelli secondari, non hanno carattere o profondità per stimolare emozioni ed empatia. Inoltre la Auci ne evidenzia troppo la positività, sdrammatizzando apposta i lati oscuri.
La scrittrice aveva a disposizione un materiale straordinario purtroppo sprecato per via della sua immaturità. Nella trama I leoni di Sicilia è debole, lento e ripetitivo. I dialoghi non hanno passione o mordente. I periodi brevi da telegramma non aumentano il ritmo ma piuttosto lo spezzano.
Per ogni detrattore ci sono almeno 5 sostenitori che la pensano in modo diverso. In quest’ottica sono proprio i personaggi la forza del racconto. Inoltre piace il modo in cui la storia di un Paese si intreccia con le vicende dei protagonisti e viceversa. Il crescendo di eventi inchioda il lettore.
In pratica è impossibile sottrarsi al fascino di un libro dall’architettura semplice, nonostante la sua complessità. L’autrice mette crea lavoro intelligente e laborioso. La sua narrazione è affascinante ed acuta. Si tratta di un testo main stream che però possiede il respiro di un vero capolavoro.
I leoni di Sicilia e i romanzieri…ieri, oggi e domani
L’errore più fatale di molti autori moderni è sfornare dei libri già come sceneggiature televisive. Il parere di alcuni è che pure Stefania Auci cada in questa trappola. Molti passaggi sono troppo frettolosi. La scrittrice sembra preoccupata di annoiare e cerca a tutti i costi di alleggerire il testo.
Inoltre, l’uso del dialetto siciliano risulta un po’ invadente. L’espediente ha lo scopo di rendere la storia più autentica e verace. Tuttavia per molti il linguaggio vernacolare rappresenta un ostacolo nella fruizione dell’opera. I leoni di Sicilia è un “mattone” con cui però non si può costruire nulla.
In difesa dei “patois” nostrani si ergono quelli considerano le parlate regionali un patrimonio. Da Pasolini a Dante il vernacolo è un filo conduttore della produzione letteraria. La potenza evocativa del dialetto è funzionale, anzi necessaria a trasmettere il contesto e l’atmosfera.
Per finire, l’accusa di uno stile da serie tv è tanto debole quanto inutile. Ogni forma d’arte è figlia del proprio tempo. I romanzieri di oggi si esprimono diversamente da quelli di ieri. Quello che conta è il valore della sostanza, oltre alla completezza e all’attendibilità delle informazioni.
Senza accorgercene eccoci alla fine di questa recensione. E tu a che capitolo sei della saga dei Florio? Quando finisci il libro raccontaci se ti è piaciuto e cosa in particolare ha catturato la tua attenzione.
