Due vite di Emanuele Trevi: recensione


Come mai l’esistenza umana è un mistero sempre così sfuggente? Sarà forse perché ne esistono quasi 8 miliardi di versioni diverse? A Emanuele Trevi ne bastano molte meno. Le Due vite del suo testo sono infatti la piccola porzione di risposta cercata nella memoria di chi per lui era la famiglia.
Il titolo già di per sé suggestivo, evoca non solo la trama, ma in un certo senso pure la sua doppia storia editoriale. Infatti l’opera risale al maggio del 2020. Tuttavia la conquista del Premio Strega 2021 è come una rinascita. In pratica è una seconda giovinezza sia per i libri vincitori che finalisti.
Non si tratta di un best-seller nel senso stretto del termine. Nonostante ciò è nelle prime posizioni su tutti i bookstore. Attualmente è disponibile in formato kindle, in versione audiolibro integrale e con copertina flessibile.
Di cosa parla il libro Due vite di Emanuele Trevi
Pia Pera e Rocco Carbone non ci sono più. La prima portata via da una malattia, il secondo a causa di un tragico incidente. Erano simili in tante cose, almeno quante quelle in cui erano diversi. Rocco aveva un carattere tormentato, scontroso e pignolo. Pia invece era empatica, solare e trasgressiva.
Le loro differenze nella sostanza si rispecchiavano pure nella forma. Infatti lei aveva un viso dolce e seducente, lui dei lineamenti forti e marcati. Con queste due vite Emanuele Trevi condivideva la passione, il mestiere ma soprattutto l’amicizia. Con loro aveva un legame bellissimo e speciale.
Lui è idealmente come il padrone di casa che mette in ordine dopo una cena a tre. Ha ancora nelle orecchie l’eco delle risate e delle conversazioni. Trova qui e là qualche oggetto lasciato dai suoi ospiti. Li mette da parte pure se non sa quando potrà ridarglieli. A tratti però realizza la verità.
È sospeso infatti tra la sindrome del sopravvissuto e la gratitudine di averli conosciuti. Ricorda il dove e il quando li ha visti per la prima e per l’ultima volta. Usa tutta la nostalgia e la sua tristezza e le trasforma in una storia. Scrive ogni parola lentamente per non dire ancora addio.
Prende in prestito del tempo per due vite e due morti di cui non sa e non vuole farsi una ragione. Però così le persone diventano personaggi e si sa che tra le pagine di un libro, nessuno muore mai davvero.
Due vite…forse anche tre
Le parole spesso hanno più di un significato. Ad esempio c’è quello letterale, quello semantico o quello che dipende dal contesto. Esiste però pure quello che gli danno le persone. È lo stesso Trevi a chiarire il suo. “Due vite” si riferisce ovviamente agli amici scomparsi Rocco e Pia, ma non solo.
Secondo l’autore infatti ogni individuo ne possiede altrettante. La prima è quella di carne e sangue. Poi c’è la seconda, di emozioni e ricordi. Questa in particolare è nella mente e nel cuore di chi resta. Chi si occupa di letteratura forse ne ha addirittura una terza, fatta di carta e inchiostro.
Di tutte queste vite, di tutti questi significati riporta il critico romano. Quando uno scrittore racconta di altri scrittori, è come uno specchio che le riflette altri. Allo stesso modo, consegnare il tutto agli occhi e ai pensieri della gene, è aprire le porte di infinite altre possibilità.
L’opinione dei lettori

Due vite è un libro intimo e personale. Eppure quando il lettore lo ha tra le mani non si sente né un estraneo né un intruso. Qualcuno sottolinea che il non conoscere i personaggi di cui si si parla incide sul giudizio e sul piacere della lettura. Altri invece affermano l’esatto contrario.
Per questi la qualità del testo dipende dalla capacità dello scrittore. In linea generale c’è poca differenza tra leggere di personaggi reali o immaginari se ne si sa poco. La differenza è solo per chi ne scrive. Nel primo caso infatti si attinge alla memoria. Nel secondo invece si sfrutta la fantasia.
A volte però quando le persone care scompaiono le si pensa ancora accanto, proiettate nel presente e oltre. Lo si fa così bene e spesso che il futuro diventa un ricordo, immaginato tante volte da sembrare già vissuto. Questo fa Emanuele, pure senza saperlo o senza volerlo.
La scrittura è la sua forma di terapia. È il suo modo tutto singolare di elaborare la perdita. Si dice che le persone muoiono davvero solo quando tutti se ne dimenticano. Dunque Trevi condivide il più possibile i ricordi dei suoi amici, perché in questo modo vivranno per sempre.
Il lungo addio a Pia e Rocco
Diversi lettori storcono il naso davanti alle troppe metafore e paroloni disseminate in tutto il testo. L’uso di termini colti e poco comuni rende la lettura pesante e ostica. Inoltre si percepisce solo la tecnica ma non l’anima dell’autore. L’effetto è deludente, freddo e poco coinvolgente.
Si tratta di un lavoro disomogeneo, pieno di incongruenze. La prosa è fin troppo lucida e distaccata per sentito memoriale. In pratica Emanuele Trevi mette insieme un lungo monologo autocelebrativo e privo di azione. Nel complesso è un libro artefatto e povero di contenuto.
Come al solito c’è chi la pensa in modo molto diverso. A questo gruppo appartengono sia i vecchi fan dello scrittore che i lettori occasionali. Tutti “loro” apprezzano il ritmo e la dinamicità di uno stile che mostra pure attenzione e sensibilità. In sostanza il suo è un meritatissimo Premio Strega.
Più che una trama Due Vite possiede un cuore caldo e pulsante. È una riflessione su tutti i legami che fanno la differenza. Rappresenta un’analisi sugli amici che ci si sceglie e che si sceglie di essere. Non è un romanzo o una biografia ma il lungo addio dedicata ai compianti Rocco e Pia.
Una sola foto a colori per due vite in bianco e nero
Con la sua scrittura esperta Trevi simula sentimenti senza provarli davvero. Dietro le sue parole c’è tanto mestiere ma zero passione. Questo è il pensiero di chi giudica Due Vite un ritratto poco riuscito fatto da un pittore che non aveva una reale ispirazione. È una riflessione e pure un’ accusa.
Leggendo di Rocco e Pia non viene voglia di approfondire la loro produzione letteraria. Se l’intento era questo allora è pienamente fallito. Nonostante la capacità narrativa l’autore non va oltre la superficie. Il libro risulta un insieme di citazioni e frasi razionali, aride e senza emotività.
C’è chi si sofferma sui chiaroscuri ma altri ammirano i colori con cui l’amico e collega Emanuele ritrae i suoi compagni d’arte. Infatti sono le loro due figure che emergono vive e autentiche sopra ogni cosa. Il racconto, o resoconto, è privo di sbavature o idealizzazioni, misurato e commosso.
Quando si racconta di chi non c’è più è facile cadere nella retorica. Tuttavia l’intellettuale capitolino evita abilmente questa trappola seducente. Invece restituisce i profili dei protagonisti nel modo più puro possibile. È un compito ingrato ma svolto con la sua solita forza e precisione.
Questa è una delle rare volte in cui la lettura di un libro conduce alla scoperta di più di uno scrittore. Sfrutterai questa preziosa occasione? Faccelo sapere in un commento.